Diagnosi: i sintomi

Il tumore della mammella inizialmente è rappresentato da un gruppetto di cellule anomale che formano un nodulo di pochi millimetri, oppure un focolaio di micro calcificazioni. Queste lesioni iniziali non possono essere avvertite dalla donna, nè venire evidenziate dal più scrupoloso esame clinico effettuato dallo specialista.

Solo successivamente, dopo mesi o anni (la crescita di solito è piuttosto lenta) il tumore diventa palpabile: allora compare il nudulo che la donna stessa, prima ancora del medico, spesso avverte palpandosi il seno e riscontrando la presenza di una pallina o una placca dura, di consistenza comunque diversa rispetto a quella della ghiandola normale. Il nodulo puo’ essere a volta palpato quando il tumore è ancora piccolo; questo è possibile se si trova in una posizione abbastanza superficiale, se la mammella non è troppo voluminosa e se la ghiandola non è troppo densa (la densità si riduce con l’età).

Quando non sussistono queste condizioni il tumore diventa palpabile solo quando raggiunge dimensioni maggiori.

Le micro calcificazioni invece possono essere piuttosto estese senza dare segno di sè.

Il nodulo non fà male, nella maggior parte dei casi la donna non avverte nessuna sensazione, tuttavia la sua attenzione in quella sede può essere richiamata da una leggera dolenza. La cute in corrispondenza del nodulo è usualmente normale, ma se il tumore è superficiale puo’ apparire retratta: in corrispondenza della lesione risulta meno elastica, non si soleva pizzicottando e forma una leggera depressione raggrinzita.

Queste caratteristiche possono essere evidenti solo durante alcuni movimenti, per esempio alzando le braccia in alto. Solo in una fase piu’ tardiva, la cute francamente infiltrata, assume un aspetto duro, con pori evidenti simile alla “buccia d’arancia”, oppure viene invasa direttamente dalla massa tumorale che appare come una tumefazione violacea e dura, che può ulcerarsi.

In alcuni rari casi il nodulo non compare nel contesto della mammella, ma nel cavo ascellare: è segno di una metastasi linfonodale, possibile anche quando il tumore mammario non è ancora palpabile.

Alcuni segni si possono evidenziare a livello del capezzolo: esso si puo’ retrarre fino ad introflettersi, oppure essere interessato da un eczema, o secernere goccioline di sangue. Una secrezione sierosa o colorata, invece, non deve in genere allarmare, anche se va sottoposta a valutazione clinica.

Una forma rara di tumore della mammella è il carcinoma infiammatorio, che dà gli stessi sintomi di una mastite: il seno appare tumefatto, duro, rosso, caldo e molto dolente, come se stesse formando un ascesso. L’eritema si puo’ estendere al torace d al braccio.

Il  controllo periodico del proprio seno da parte della donna stessa (autoesame o autopalpazione) può rappresentare un contributo efficace per una diagnosi precoce. Non è richiesta alla donna alcuna competenza diagnostica specifica, nè si deve sentire investita dalla responsabilità della diagnosi: essa è semplicemente invitata a riportare periodicamente ed in modo sistematico, l’attenzione sul suo seno. In caso di sensazioni o segni inconsueti, questi sintomi potranno essere sottoposti tempestivamente all’attenzione del clinico. L’esame va ripetuto periodicamente ogni mese; nelle donne fertili è preferibile effettuarlo dopo i primi giorni del ciclo mestruale, quando la mammella non è congestionata. Se viene riscontrata la presenza di un nodulo, è necessario consultare subito il senologo, ma senza allarmarsi: anche molte lesioni benigne possono dare questi sintomi.

Come effettuare l’autopalpazione

La fase di palpazione si esegue in posizione eretta, piegando il braccio corrispondente al seno da esaminare dietro la nuca. La mammella va esaminata facendo scorrere con piccoli movimenti concentrici la parte interna di tre polpastrelli uniti di una mano (indice, medio e anulare). Queste manovre “a spirale” vanno ripetute per ogni quadrante del seno.
Muovendo le dita in senso circolare, con pressione via via crescente, è possibile cogliere eventuali noduli o indurimenti del tessuto mammario.
Poi, si eseguono dei movimenti con la mano dall’alto verso il basso ed, ancora, in senso radiale (dall’esterno verso il capezzolo, disegnando una sorta di stella). La palpazione dal cavo ascellare continua attorno alla curva del seno, non tralasciando la parte vicina allo sterno.
Le stesse manovre vanno ripetute in posizione supina, con il braccio corrispondente al seno da esaminare in alto, piegato sotto la testa.
Nell’ultima fase, si preme delicatamente il capezzolo tra indice e pollice, per verificare possibili fuoriuscite di liquido (siero o sangue); durante questa valutazione, è possibile aiutarsi con un fazzoletto per controllare eventualmente il colore della secrezione.

Diagnosi: le indagini strumentali

Gli strumenti per la diagnosi di tumore al seno sono noti, è meno noto quando e come eseguirli nel corso della vita.

L’esame elettivo è  Mammografia, cioè la radiografia della mammella: è utile per scoprire la presenza di noduli, micro calcificazioni o altri segni indiretti di una possibile neoplasia. Si basa sull’impiego di raggi X che, attraversando il seno, imprimono su una lastra (o nel computer) un’immagine in scala di grigio. La dose che la donna riceve da una mammografia non è causa di danni per la salute.

La mammografia si esegue a partire dai 40 anni, ogni anno o ogni due anni, in base ai casi specifici . In molte Regioni  sono attivi screening mammografici che offrono alle donne un controllo mammografico gratuito, a partire dai  45  anni,  con scadenza annuale e, dai 50 ai 74 anni, con scadenza biannuale.  

L’Ecografia impiega ultrasuoni per rilevare la presenza di un nodulo e ne studia la consistenza, solida o liquida, definendone la natura : benigna, dubbia, maligna.

E’ un esame ottimo in pazienti con mammelle dense, ricche di componente ghiandolare. Quando il seno, con il passare degli anni, soprattutto dopo la menopausa, diventa più adiposo con prevalenza di tessuto grasso, l’ecografia non serve più poiché non riesce a leggere il tessuto adiposo. Rimane fondamentale l’impiego periodico della mammografia.

L’ecografia, che impiega ultrasuoni e non raggi x,  è innocua dal punti di vista biologico, e dovrebbe essere eseguita ogni anno a partire dai 30 anni ; si sospende solo quando il medico radiologo, vedendo l’involuzione adiposa della mammella, lo indicherà.

La Risonanza Magnetica mammaria è utile quando esiste un dubbio già studiato con mammografia ed ecografia, oppure quando siano da visualizzare nel dettaglio protesi o immagini vicine ad una cicatrice. È indicata  in caso di necessità, oppure si programma nell’ambito della diagnosi precoce nelle donne che abbiano un rischio familiare alto.

La Biopsia : è indicata in tutti i casi di lesione  dubbia o sospetta: l’obiettivo è cercare di ottenere una diagnosi certa, attraverso l’esame di un campione di cellule. Nella maggior parte dei casi può essere sufficiente effettuare un ago aspirato: una semplice puntura della lesione con un ago molto sottile.

In alcuni casi è preferibile l’effettuazione di una Ago Biopsia, cioè il prelievo di un frammento di tessuto con un ago di calibro leggermente maggiore. Ad alcune donne, soprattutto in caso di micro calcificazioni, può essere proposta una biopsia che si ottiene con un nuovo strumento che richiede la stretta collaborazione di Radiologo e Chirurgo: il Mommotomo . Si tratta di una procedura indicata solo in casi selezionati e fornisce campioni di tessuto su cui è possibile una diagnosi istologica molto accurata. 

Infine , in una minoranza di casi, la diagnosi definitiva risulta possibile solo al tavolo operatorio, attraverso la Biopsia Chirurgica. Se la lesione è troppo piccola per poter essere analizzata durante l’intervento chirurgico, l’eventuale trattamento definitivo dovra’ essere rinviato in un secondo tempo.

Nessuna di queste procedure è dolorosa: il fastidio è paragonabile a quello di una iniezione intramuscolare. Se necessario (ed in tutti i casi di biopsia con Mammotomo) si effettua una anestesia locale, mentre la biopsia chirurgica avviene abitualmente in anestesia generale.